8 novembre 2016 Election Day: il conto alla rovescia
Il Califfo al-Baghdadi –o sarà il suo fantasma?- torna a fare sentire la sua voce, mentre il presidente Obama –o sarà il suo ectoplasma?- rivede per l’ennesima volta la strategia contro il sedicente Stato islamico, per tornare a mettere l’accento sulla rimozione dal potere in Siria del presidente al-Assad. Che, da quando i raid alleati indeboliscono le milizie jihadiste, se la ride: i suoi nemici più temibili hanno trovato chi li castiga, mentre l’opposizione moderata continua a prenderle sia dai lealisti che dagli integralisti. Il Califfato diffonde un messaggio audio di 17 minuti attribuito ad al-Baghdadi, che, giorni fa, era stato dato per ferito o addirittura per morto, in un intreccio di voci e smentite mai davvero chiarito (né il documento sonoro vi fa cenno). Il messaggio mira a rincuorare gli jihadisti ed a confutare le notizie secondo cui l’offensiva aerea della coalizione anti-Is starebbe fiaccando le milizie. Al-Baghdadi –se è proprio lui- afferma che la campagna della coalizione guidata dagli Stati Uniti "sta fallendo" e che il Califfato si estende ormai ad Arabia Saudita, Yemen, Egitto, Libia e Algeria": la marcia dei combattenti continuerà “finché non arriveremo a Roma” –un frase icona del capo sunnita-. Nella registrazione, si dice che "il vulcano della jihad è esploso ovunque": "Presto, ebrei e crociati saranno costretti a scendere sul terreno, a inviare sul campo le loro forze, per trovarvi morte e distruzione". Al-Baghdadi pare prevedere, quasi innescare, la prossima mossa del presidente Obama che, invece, per il momento, di mandare uomini in arme a combattere in Iraq, o in Siria, non ne vuole sapere. Ma, se accadesse, non sarebbe la prima volta che Obama cambia idea. Per la Cnn, la Casa Bianca si sarebbe resa conto d’avere trascurato il siriano al-Assad. Il presidente ha chiesto ai suoi consiglieri un nuovo piano, dopo aver riconosciuto un errore di calcolo nella strategia militare anti-Is, che s’è inizialmente concentrata sull'Iraq (l'8 agosto sono iniziati i raid aerei) e successivamente s’è estesa alla Siria (il 23 settembre), tralasciando, però, gli sforzi per rovesciare il regime di Damasco. Nel racconto della Cnn, Obama ha convocato in rapida successione quattro riunioni del Consiglio della sicurezza nazionale, presiedendone una. Tra le ipotesi sul tavolo, la creazione di una ‘no-fly zone’ al confine con la Turchia – la chiede Ankara, per impegnarsi militarmente sul terreno - e un'ulteriore accelerazione al programma di reclutamento e addestramento dell’opposizione siriana moderata, le cui capacità militari si sono finora rivelate molto deludenti. La notizie da Washington suonano sconfessione delle impressioni manifestate dall’inviato dell’Onu per la Siria Staffan De Mistura, dopo colloqui a Baghdad. L’ex ‘uomo dei marò’ del governo Letta è ottimista sull’esito d’un piano dell'Onu per porre un termine i combattimenti tra lealisti e ribelli ad Aleppo. Per de Mistura, il governo siriano "è interessato” e la minaccia comune rappresentata dal Califfato potrebbe portare a una tregua in una guerra che da oltre tre anni fa vittime ma non esprime vincitori.