8 novembre 2016 Election Day: il conto alla rovescia

 

Bilancio: Obama traduce in cifre stato dell’Unione

20150203sdUObama2015/02/03 - Tutto come detto nel discorso sullo stato dell’Unione del 20 gennaio: nella sua nuova finanziaria, il presidente Usa Barack Obama mette a bilancio più tasse per multinazionali e super-ricchi, aiuti e sgravi alle famiglie e alla classe media e interventi per il rilancio delle infrastrutture. Fra le novità, un’imposta del 19% sui futuri profitti esteri delle aziende statunitensi. Il messaggio vale anche per l’Europa, in particolare dopo le elezioni in Grecia: basta con l'austerity, è ora di pensare alla crescita, di tornare a spendere – il tema tornerà nell’incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel, alla Casa Bianca lunedì 9 febbraio-. E’ una finanziaria di svolta: una manovra da 4 mila miliardi di dollari. "Non accetterò più una legge di bilancio di meri tagli – ammonisce Obama - perché sarebbe un male non solo per la crescita della nostra economia, ma anche per la sicurezza". Un avvertimento ai repubblicani, maggioranza in Congresso, perché cerchino il compromesso e non lo scontro muro contro muro: ai conservatori, non conviene presentarsi come il partito dei tagli e del rigore alla campagna elettorale per le presidenziali 2016. I numeri dell’economia sono dalla parte del presidente e inducono a voltare pagina perché tutti gli americani, e non solo i più ricchi, possano trarre vantaggio dall’uscita dalla crisi. Nello specifico, le proposte di Obama prevedono, oltre all'aliquota del 19% sulle aziende che fanno profitti all'estero, una una tantum del 14% per le società che riportano i capitali in patria. Per tutte le altre imprese, l'aliquota scenderebbe dal 35% al 28% (e al 25% per il settore manifatturiero). Previsto anche un aumento delle royalty per le trivellazioni e l’estrazione del gas. Gli introiti serviranno per finanziare un piano di investimenti da 428 miliardi di dollari e sgravi fiscali per la classe media da 277 miliardi di dollari. Il deficit dovrebbe collocarsi sui 475 miliardi di dollari (un 2,5% del pil) e salire poi a 684 miliardi entro il 2025. Il debito crescerebbe al 73,3% e arriverebbe al 75% in dieci anni, il livello più elevato nel dopoguerra. (dispacci d’agenzia – gp)

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