8 novembre 2016 Election Day: il conto alla rovescia
Un discorso alla Nazione senza (quasi) accenti elettorali, ma con qualche frecciata all’opposizione repubblicana – sul controllo delle armi - e ai candidati repubblicani alla Casa Bianca - sull’istigazione all’odio contro l’Islam -. E un rifiuto delle scelte del suo predecessore George W. Bush.
La distruzione del sedicente Stato islamico è un obiettivo comune, condiviso dagli alleati e pure dalla Russia, ma per raggiungerlo gli Stati Uniti non si faranno coinvolgere di nuovo in una guerra sul terreno: nel suo terzo ‘discorso a reti unificate’ – diremmo noi - dallo Studio Ovale, domenica sera (ora di Washington, le due di notte in Italia), il presidente Barack Obama non ha nascosto ai suoi cittadini la gravità della situazione e le sue preoccupazioni, ma ha fatto un netto distinguo tra l’Islam e i “criminali assassini” delle milizie jihadiste, che “sono parte di un culto di morte e solo una minuscola frazione di oltre un miliardo di musulmani nel mondo": questa – ha ribadito - non è una guerra tra l’America e l’Islam, ammettendo però la radicalizzazione di alcune comunità musulmane.
E il presidente ha, per l’ennesima vola, invitato il Congresso ad agire per limitare la vendita delle armi, almeno a chi è già sospettato di terrorismo, è già sulle ‘no fly lists’, cioè è considerato troppo pericoloso per salire su un aereo di linea.
Il messaggio di Obama si può sintetizzare in un intreccio di messe in guardia (“La minaccia del terrorismo è reale” e “s’è evoluta”) e di ottimismo: “lo sconfiggeremo”, perché “siamo dalla parte giusta della storia” e perché “la libertà è più forte della paura”. Nessuna polemica diretta, ma un auspicio e un invito alla Russia perché “si concentri sull’obiettivo comune, la distruzione dell’Is”, come a dire piuttosto che sulla difesa del regime di Assad in Siria.
Il presidente è partito da un’ammissione, che la strage di san Bernardino in California, mercoledì scorso, è stata un atto di terrorismo, anche se non vi sono prove di collegamenti della coppia killer con organizzazioni terroristiche, e da un richiamo al fatto che la sua più grande responsabilità, come presidente e come comandante in capo, è di “proteggere l’America”. E lui intende farlo senza che gli Stati Uniti rinuncino ai propri valori e senza che finiscano impaniati “in una guerra lunga e costosa in Iraq e in Siria”, con un passaggio che suona riferimento alla situazione in Afghanistan e, soprattutto, all’invasione dell’Iraq nel 2003, oltre che alle misure anti-terrorismo del Patriot Act che, dopo gli attacchi all’America dell’11 Settembre 2001, autorizzarono la tortura e altre pratiche in deroga ai diritti umani.
Obama non vuole farlo perché “è quel che vorrebbero” gli integralisti jihadisti, pur essendo determinato a distruggere il sedicente Stato islamico e ogni altra organizzazione che minacci l’America e il mondo libero: “Vinceremo – ha detto – con la forza e l’intelligenza”, continuando a dare la caccia agli organizzatori di attentati ovunque sarà necessario, “arruolando” come alleate le comunità musulmane invece che allontanarle con il sospetto e l’odio (qui il passaggio può riferirsi alle posizioni espresse da alcuni candidati repubblicani alla Casa Bianca). (gp)