8 novembre 2016 Election Day: il conto alla rovescia
Della famiglia Bush, si dice sia diventato presidente il figlio sbagliato, quello su cui né papa George né mamma Barbara puntavano. E della famiglia Clinton, si dice sia diventato presidente il coniuge meno preparato, perché l’avvocato Hillary Rodham è una secchiona che studia da quando è nata, mentre ‘farfallone’ Bill ha un unico grande merito: è simpatico ed è subito in sintonia con la gente.
Proprio quello che Hillary non riesce a fare: il fatto di non essere empatica, che è un modo elegante per dire che spesso risulta antipatica, è la sua zavorra, nonostante abbia il passato –fin troppo- giusto e l’esperienza –fin troppa- necessaria e nonostante abbia fatto fin qui tutto bene in campagna, i dibattiti televisivi dov’è stata brava e pure la scomoda testimonianza di fronte a una commissione d’inchiesta del Congresso dove i repubblicani parevano un plotone d’esecuzione (quasi che l’ambasciatore degli Usa in Libia e tre marines li avesse uccisi lei e non al Qaida l’11 settembe 2012 a Bengasi).
Ex first lady, ex paladina d’una riforma sanitaria abortita, ex senatore dello Stato di New York, ex segretario di Stato, mamma una volta e nonna presto due volte, Hillary, 69 anni, tosta e determinata, ci riprova dopo lo smacco del 2008: vuole la nomination democratica e vuole essere la prima donna a entrare alla Casa Bianca non come moglie, ma come presidente.
Tutto pare congiurare a suo favore: il suo rivale democratico, Bernie Sanders, senatore ‘socialista’, è più vecchio di lei e non ha né l’appeal né il carisma di quel giovane senatore nero che la sconfisse otto anni or sono, Barack Obama; e i repubblicani sono balene che vanno a spiaggiarsi, portando avanti candidati come Donald Trump o Ted Cruz che sollecitano solo qualunquisti e Tea Party e spaventano il resto dell’America. Anche gli scheletri fin qui usciti dagli armadi di trenta e più anni di vita pubblica, sua e di Bill, sono oggettivamente quisquiglie: enfatizzate dai media e dai rivali, diventano però zeppe che ne frenano la marcia e creano dubbi.
Lei dice di voler essere "la paladina degli americani" e promette di lottare contro le diseguaglianze, di dare "a ogni famiglia, a ogni piccola impresa, un percorso verso la prosperità duratura". Il focus è sull'economia, quindi, e sulle opportunità da offrire alla classe media, in un percorso di continuità con Obama, nella cui scia la Clinton si pone.
Hillary ha messo molta cura nel formare la propria squadra e l’ha pure rimaneggiata strada facendo; e gode di solidi sostegni finanziari. Frutto della vicinanza alla finanza che Sanders le rimprovera, come le contesta il sì all’invasione dell’Iraq nel 2002, nel clima malsano dell’America traumatizzata dagli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001.
Per tutta la primavera e l’estate, la Clinton ha fatto campagna con toni sobri, preferendo i colloqui con gli elettori, ai comizi, parlando dei bisogni delle famiglie e delle future generazioni. L’autunno è stata la sua stagione, L’inverno l’ha messa un po’ in letargo. Così, la partenza delle primarie non s’annuncia in fanfara: perdesse nello Iowa, il fantasma del 2008 acquisterebbe consistenza. (gp)