8 novembre 2016 Election Day: il conto alla rovescia
Anche uno stivaletto col tacco può avvicinare, o allontanare, dalla Casa Bianca: lo ha sperimentato Marco Rubio, senatore della Florida, non proprio altissimo, il più giovane del lotto degli aspiranti alla nomination repubblicana e la carta di riserva dell’establishment del partito, se Jeb Bush non riuscirà a risollevarsi –il tempo è ormai limitato: tra Iowa e South Carolina, a febbraio Jeb deve centrare almeno una vittoria per sopravvivere-.
Rubio, nei giorni scorsi, aveva sfoggiato nel New Hampshire degli stivaletti con il tacco che hanno subito destato curiosità e ironie. La stampa ha ricordato che politici 'col tacco' ce ne sono già stati: l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy non disdegnava l'‘aiutino’, specie se aveva accanto la bella ed alta moglie Carla Bruni; e pure Silvio Berlusconi ne era (ed è?) un fruitore.
Ma negli Usa la cosa non è piaciuta: alcuni altri candidati repubblicani, da Ted Cruz a Rand Paul, hanno ‘pizzicato’ Rubio con sfottò sui social. Bush, mentore tradito del giovane senatore, è stato perfido: apparentemente accondiscendente, ne ha richiamato in un tweet la bassa statura.
La tempesta, però, non ha travolto il candidato di origini cubane, partito con poco da perdere. Sceso in lizza per terzo, dopo Cruz e Paul, Rubio fece il suo annuncio il 13 aprile, un giorno dopo Hillary: l’evento alla Torre della Libertà di Miami richiamò migliaia d’esuli cubani e sfruttò l’effetto traino dell’avvenuta pacificazione tra Usa e Cuba al vertice delle Americhe di Panama la settimana prima.
Il senatore sollecita gli elettori a fare quella che definisce una "scelta generazionale": un riferimento poco elegante a Hillary, 67 anni e –dice Rubio- ferma “al passato”; ma che s’adatta anche a Jeb, ex governatore della Florida, figlio e fratello rispettivamente del 41° e 43° presidente degli Stati Uniti. Come Jeb, Rubio è un centrista: punta su elettori lontani dagli estremismi populisti del Tea Party. "Mi sento particolarmente qualificato" per guidare il Paese, dice ai finanziatori. E ai sostenitori: "E' giunto il tempo per la nostra generazione di guidare un nuovo secolo americano”.
Nei sette dibattiti fra gli aspiranti alla nomination democratica finora andati in diretta televisiva, è sempre stato fra i protagonisti in prima serata, mai relegato fra le ‘seconde file’, ma non ha mai avuto prestazioni da ‘numero uno’. La sua fortuna è stata, però, l’imbarazzante opacità di Bush III, che ha lasciato l’establishment del partito senza cavallo su cui puntare, mentre i campioni populisti come Donald Trump o del Tea Party come Cruz andavano forte.
La carriera politica di Rubio comincia a West Miami e prosegue alla Camera della Florida, di cui è giovanissimo presidente dal 2006 al 2009, quando si candida per il Senato a Washington: parte battuto, ma vince le primarie e il seggio, sull’onda del successo repubblicano di quelle elezioni targato Tea Party. Lui, però, non è né qualunquista né populista: specie sull’immigrazione, ha posizioni ben diverse da Trump e da Cruz, pure d’origini cubane. (gp)