8 novembre 2016 Election Day: il conto alla rovescia
Ancora incidenti, a un comizio di Donald Trump: questa volta, accade a San Diego, California, dove sono state arrestate decine di persone. Migliaia di sostenitori e avversari dell’ormai certo candidato repubblicano alla Casa Bianca si sono scontrati all'esterno del centro congresso, dov’era in programma un comizio del magnate.
Il discorso dello showman, in vista delle primarie nello Stato il 7 giugno, è stato interrotto, mentre fuori c’erano scontri tra sostenitori e oppositori, nonostante le forze dell'ordine avessero stabilito zone separate per ciascun gruppo. Dopo l'evento, la polizia ha chiesto che la folla si disperdesse ed ha ordinato l'evacuazione della zona, ma molti sono rimasti sul posto: di qui, almeno 35 fermi.
Le contestazioni così come le preoccupazioni dei leader del Mondo non preoccupano Trump, che se la ride del twitter del capo gabinetto del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker: Martin Selmayr, dal Giappone, dov’era riunito il Vertice del G7, aveva cinguettato "#G7 2017 con Trump, Le Pen, Boris Johnson, Beppe Grillo? Uno scenario orrendo che dimostra come sia così importante combattere il populismo".
Oltre che dei Grandi, Trump si fa beffe dei rivali, come il senatore del Vermont Bernie Sanders. Scherzando, dice in un comizio ad Anaheim in California: "Rischiamo di correre contro il folle Bernie! E' un pazzo, ma a noi piace la gente un po’ pazza"; poi aggiunge: “Ma io voglio correre contro Hillary”.
Lo showman, che prima era incline ad accettare l’idea d’un dibattito con Sanders, purché ne vengano “10/15 milioni da versare in beneficienza contro le malattie delle donne” – detto a Bismarck, nel North Dakota -, ora lo esclude per iscritto perché "sarebbe inappropriato dibattere con un candidato che finirà secondo nelle primarie”.
Quanto ai contestatori, Trump riserva loro un comportamento sprezzante. Quando un manifestante l’ha interrotto ad Anaheim, ha detto: "Portatelo via, ma non fategli del male, anche se è una persona cattiva”, precisando ironicamente: “Lo dico per le telecamere".
Se non lo toccano néle diffidenze dei leader del Mondo né gli attacchi dei contestatori, le critiche degli intellettuali lo lasciano indifferente. Eppure, gli scrittori americani si mobilitano lo stesso contro la candidatura di Trump alla presidenza. Oltre 450 autori famosi, compresi 10 premi Pulitzer, firmano una lettera aperta contro il magnate, poi divenuta una petizione online. Tra i firmatari, ci sono Stephen King, Ha Jin, Rita Dove, Amy Tan e Junot Diaz.
Il testo recita: "Poiché come scrittori siamo particolarmente consapevoli dei molti modi in cui si può abusare del linguaggio in nome del potere … poiché riteniamo che ogni democrazia debba essere fondata sul pluralismo ... perché la storia delle dittature è la storia di manipolazioni e divisioni, di demagogia e menzogne … per tutte queste ragioni ci opponiamo, per una questione di coscienza, inequivocabilmente, alla candidatura di Donald J. Trump alla presidenza degli Stati Uniti". (fonti vv - gp)