8 novembre 2016 Election Day: il conto alla rovescia
Aleppo – Là dov’è caduto il candidato libertario Gary Johnson, che non sapeva dove fosse, Trump e la Clinton sono preparati: l’uno attacca – “E’ colpa vostra”, di Obama e della rivale -, l’altra s’arrocca. Che cosa voglia fare il magnate non si sa. L’ex segretario di Stato ha in mente una no fly zone, ma non vuole mandare soldati né in Siria né in Iraq.
Corte Suprema – La massima magistratura degli Stati Uniti: morto il conservatore Antonin Scalia c’è da nominare un giudice. Non se n’era mai parlato finora e si parte di qui: Trump ha già una lista di solidi conservatori, Hillary è meno massimalista, ma si rende conto che alcune recenti conquiste civili potrebbero essere a rischio.
Donne – Se ne parla relativamente poco, ma se n’era parlato moltissimo nel secondo dibattito. Trump ripete che nessuno tratta le donne meglio di lui, la Clinton porta esempi che indicano il contrario. Ma non è serata da “chiacchiere da spogliatoio”.
Europa – Se n’è sempre parlato pochissimo, con la dizione alleati europei, ma stavolta non se ne parla proprio. Trump trova solo modo di ricordare agli alleati d’ogni longitudine che dovranno pagare di più per la propria sicurezza; la Clinton li tranquillizza: “Rispetteremo i patti”.
Immigrati – Sono soprattutto i milioni – 11, secondo le stime – illegalmente presenti nell’Unione e quelli che vogliono entravi dal Messico, ma pure i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e da aree di conflitto. Trump insiste sul muro e frena sulle deportazioni di massa; la Clinton è contro il muro, ma mitiga l’apertura all’accoglienza rafforzando i controlli.
Mosul – Il 9 ottobre, era stato Trump a suggerire d’organizzare un’operazione per liberare Mosul. Adesso che l’offensiva è stata lanciata, si lamenta che sia stata annunciata in anticipo (“Così, se ne sono scappati tutti”) e sostiene che serve solo a cavare le castagne dal fuoco a Obama e alla Clinton, responsabili della nascita del sedicente Stato Islamico.
Putin – Vladimir Putin, presidente russo: né la Clinton né Trump vogliono passare per amico suo – Hillary non corre il rischio; Donald sì, per via dei molti apprezzamenti positivi nei suoi confronti e dei tanti favori che la sua campagna riceve via hacker russi e Wikileaks -. L’ex segretario di Stato descrive il rivale come un burattino nelle mani di Putin; il magnate dice, a più riprese, che Putin (e pure al-Assad) sono più furbi di Obama e della sua avversaria e li mettono nel sacco.
Roe vs Wade – E’ la contestata sentenza del 1973 della Corte Suprema su cui si basa il fragile diritto all’aborto delle donne americane. Prima, l’aborto era regolato dagli Stati. Trump, ‘pro vita’, vuole ridare la competenza agli Stati. La Clinton, ‘pro scelta’, vede bene lo ‘statu quo’.
Secondo Emendamento – E’ quello apportato nel 1971 alla Costituzione statunitense che sancisce il diritto dei cittadini a possedere e portare con sé armi da fuoco. Il testo, in realtà, si riferisce all'esigenza di “una milizia ben organizzata” e il contesto è quello della Guerra d’Indipendenza, ma sentenze della Corte Suprema, ai primi del Novecento, lo hanno esteso ai singoli cittadini. Trump è favorevole al suo rispetto e si fa vanto dell’appoggio ricevuto dalla lobby delle armi, la potente Nra; la Clinton è pure favorevole al suo rispetto, ma vuole introdurre forme di controllo sulla vendita delle armi che impediscano – ad esempio – a chi non può salire su un aereo perché sospettato di terrorismo di acquistare un’arma automatica.
Tasse – Sono quelle che Trump vuole abbassare, anzi dimezzare, alle aziende, portandone l’aliquota dal 30 al 15%; e sono quelle che la Clinton, nel racconto del magnate, vorrebbe aumentare ai comuni cittadini. In realtà Hillary spiega, per l’ennesima volta, che il suo programma prevede aumenti delle aliquote solo per i contribuenti che dichiarano più di 200mila dollari l’anno: non proprio dei poveracci, insomma. Le tasse sono pure quelle che Donald è riuscito a non pagare per 18 anni consecutivi, sfruttando un artificio legale; se attualmente le paghi, non si sa, perché il segreto della sua dichiarazione dei redditi è finora benissimo custodito.
Wikileaks (vedi Putin) – Complice o meno (degli hacker, e di Putin, e di Trump), l’organizzazione di Julian Assange, avvolta nella retorica sulla libertà di stampa, continua a sfornare migliaia di mail della campagna democratica, nella speranza che prima o poi ne capiti una davvero imbarazzante per l’ex first lady – finora, è tutta paccottiglia -. Il biondino e il suo team, invece, hanno finora evitato d’infastidire i repubblicani. Nel dibattito, li cita come fonte Chris Wallace, l’ottimo moderatore, facendo una domanda alla Clinton; e Trump, un po’ goffamente, lo ringrazia. (gp)